Tatiana Peron – critica all’opera “Giro di vita”

Il poliedrico autore Francesco Diana unisce genialmente l’ars pittorica a quella scultorea.
Accade cosi, che “ironicamente” la plasticità della scultura sconfini oltre i suoi limiti nel quadro dipinto a olio.

Nel Giro di Vita, infatti, che come titolo allude idealmente al tramonto sullo sfondo che termina il suo ciclo solare, la scena viene rubata al ventre della donna che si attorciglia in più giri su se stesso, creando un effetto snellente, come quando si “trattiene la pancia” in spiaggia.

Si tratta di una demolizione simpatica delle topiche rappresentazioni scultoree, che dai tempi classici sino alla famosa “Paolina Borghese” di Canova hanno raffigurato la donna distesa sul letti o triclini con la tipica posa della testa appoggiata sul braccio.

Evidentemente, l’immagine cela un profondo significato intrinseco, al di la dell’apparente, pregevole ed apprezzabile significante.

Da una parte infatti Francesco lancia un messaggio di come l’artista debba essere libero da qualsiasi canone, regola o costrizione; dall’altra, egli mette l’accento sul fondamentale ruolo dell’artista che è appunto, capace di modellare come creta la realtà, dispensando bellezza, emozione, e gioia.

Ci troviamo, cosi, di fronte ad un GIRO di VITA che acquisisce la stessa valenza del Ceci n’est pas une pipe di MAGRITTE.

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